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INBREEDING, LINEBREEDING ED OUTCROSSING, COSA SIGNIFICANO?

Navigando su internet, cercando di meglio capire i principi su cui un allevatore decide di accoppiare due cani tra loro e sul perchè di deteminate scelte a discapito di altre mi sono imbattuto in un interessante articolo che qui riproduco: 




"Molti di noi (...)  si sono probabilmente imbattuti, oltre che nelle problematiche riguardanti alcune patologie ereditarie da tenere presenti , in una serie di termini come: inbreeding, linebreeding ed outcrossing.
SimoneG&GDeBeauvoire ad 82 gg.
Questi termini hanno a che fare con il grado di parentela esistente tra i genitori di un individuo e riguardano le modalità con cui si può progettare un accoppiamento, ma spesso intorno ad essi si crea una certa confusione. Vediamo pian piano di che si tratta, partendo dal tipo di accoppiamento con il più alto grado di parentela tra i genitori, e cioè l’inbreeding. Per i genetisti inbreeding è qualsiasi accoppiamento tra individui di una certa popolazione, che abbiano degli antenati in comune ed il cui grado di parentela sia più alto della media della popolazione stessa. Dato per scontato che stiamo parlando, nel nostro caso, di selezione di razza, la popolazione in questione sarà costituita da individui che, più o meno alla lontana, hanno comunque degli antenati comuni (i progenitori della razza, cioè gli individui fondatori). Gli allevatori, perciò, si riferiscono generalmente all’inbreeding con un’accezione più mirata, intendendo per inbreeding un accoppiamento fra individui tra i quali non passi più di una generazione, e cioè: padre con figlia, madre con figlio, fratello con sorella. Un livello intermedio tra inbreeding ed il successivo linebreeding è considerato talvolta l’accoppiamento tra fratellastri, da alcuni ritenuto ancora un inbreeding (in quanto non passa più di una generazione fra gli individui accoppiati), e da altri già linebreeding (in quanto il livello di inbreeding calcolato, come vedremo, risulta la metà di quello fra fratelli pieni). Ma vediamo cosa significa praticamente e quali sono gli effetti di un inbreeding. Ogni individuo eredita il proprio patrimonio genetico per metà dal padre e per l’altra metà dalla madre. Ciò significa che se padre e madre hanno degli antenati comuni aumenta la probabilità che le due copie di uno stesso gene (alleli), ereditate rispettivamente dal padre e dalla madre, siano identiche e derivino dall’antenato comune. L’inbreeding aumenta quindi l’omozigosità,  cioè la possibilità che i due alleli di ciascun gene siano uguali. Questo fatto non è in sé né positivo né negativo, ma ha delle rilevanti conseguenze.  Attraverso l’inbreeding si concentrano i geni di un determinato antenato/i e, poiché si
aumenta l’omozigosità, si “fissano” determinati caratteri, in quanto, a lungo andare, una sola copia di uno stesso gene verrà trasmessa alle generazioni future, eliminando le altre. E’ così che sono state create la maggior parte delle razze (non solo canine), tra cui la nostra, partendo cioè da un esiguo numero di individui che sono stati accoppiati e riaccoppiati con la loro discendenza un certo numero di volte. Questo processo, è stato un potente mezzo col quale sono state concentrate attraverso le varie generazioni tutte le caratteristiche desiderate partendo da un selezionato gruppo di individui. Tale processo, se da un lato ha fissato per sempre alcune delle meravigliose qualità (...) dall’altro ha prevedibilmente scartato tutto un panorama di altre caratteristiche genetiche, sia positive che negative. Aumentando l’omozigosità, inoltre, diminuisce conseguenzialmente l’eterozigosità cioè la probabilità che le due copie di uno stesso gene siano diverse tra loro. In natura molte condizioni patologiche vengono trasmesse da alleli la cui espressione, in una popolazione normale, è resa bassa dalla presenza di eterozigoti (individui che portano l’allele in questione, ma non lo esprimono, grazie alla dominanza dell’allele omologo “sano”), oppure sono determinate da alleli con frequenza bassa o addirittura rara. L’inbreeding non aumenta in sé la frequenza di tali “geni cattivi”, ma aumentando l’omozigosità, rende più frequente la possibilità che tali geni si possano esprimere, diminuendo la frequenza degli eterozigoti e cambiando la frequenza degli alleli rari (“effetto del fondatore” ). Vi sono inoltre tutta un’altra serie di condizioni di salute, come la fertilità, alcune caratteristiche immuno-difensive, la prolificità, ecc., che si esprimono meglio in condizioni di eterozigosità; ciò è quello che viene comunemente chiamato “vigore ibrido”, cioè la migliore fitness e performance riproduttiva degli ibridi per una determinata caratteristica. In altre parole, un intenso programma di inbreeding portato avanti in maniera continuativa (per es.: ripetuti accoppiamenti fratello-sorella, attraverso successive generazioni) porta spesso ad una perdità di fertilità (minor numero di cucciolate), minor numero di cuccioli per cucciolata, minor capacità di allevare i cuccioli, ecc., fenomeno che viene definito come “inbreeding depression”. Riepilogando l’inbreeding: è stato il principale e più veloce mezzo di selezione delle razze attualmente esistenti; fissa velocemente i caratteri desiderati; porta alla luce eventuali caratteri indesiderabili; SE  portato avanti in maniera prolungata, produce perdita di vigore nella popolazione in questione.  Come si è detto, partire da un piccolo nucleo di individui per fondare una razza comporta che il patrimonio genetico di partenza non sarà ampio e che le frequenze alleliche saranno molto diverse da quelle della popolazione da cui gli individui fondatori provengono. Se, da un lato, ciò aiuta a fissare le caratteristiche volute, dall’altro abbassa la diversità genetica della popolazione che ne deriverà. Il  linebreeding è per i genetisti in tutto e per tutto una forma di inbreeding, mentre gli allevatori hanno coniato questo termine intendendo con esso un tipo di accoppiamento nel quale non si vuole deliberatamente mantenere elevato il livello di parentela tra gli individui, ma si mira a concentrare i geni di un particolare antenato/i portatore di eccezionali caratteristiche che si desidera conservare. Il linebreeding è perciò di solito inteso come l’accoppiamento fra due individui con antenati comuni generalmente entro le prime cinque generazioni, e quindi ad
esempio: zio e nipote, nonno e nipote, primi cugini, secondi cugini, e così via. Sebbene nel linebreeding non vi è una perdita di eterozigosità così immediata come nell’inbreeding, selezionare per uno o più antenati comuni significa comunque aumentare la probabilità che la progenie sia omozigote per alcune caratteristiche portate da quel determinato antenato e, poiché qualsiasi individuo porta con sé caratteristiche buone e caratteristiche cattive, ciò implica che anche il linebreeding amplificherà sia le une che le altre. Il linebreeding può essere  uno strumento per portare alla luce le caratteristiche desiderate o anche eventuali caratteristiche negative, a patto che gli individui portatori di queste ultime vengano scartati dal programma riproduttivo senza deroghe. Riassumendo, questo tipo di accoppiamento: produce una discendenza omogenea e simile in tipo all’antenato/i comune/i, cioè “fissa” un tipo; dà una elevata probabilità di passare alle generazioni future tale omogeneità senza impoverire la fitness dei singoli individui in maniera così drastica come l’inbreeding; tutto ciò a patto che il programma riproduttivo di linebreeding non si traduca in un progressivo aumento del grado di parentela fra gli individui, o in altri termini, del coefficiente di inbreeding tra una generazione e la successiva, e che si conosca molto bene la linea di sangue di cui si desidera conservare le caratteristiche, nessuna essendo immune da problematiche relative alla salute psico-fisica dei cani.
E’ a Sewell Wright (1922) che dobbiamo un indice che permette di valutare il grado di inbreeding (o linebreeding) di un individuo e di prevedere quello della progenie tra due diversi individui. Tale indice viene chiamato dai genetisti F di Wright ed è meglio conosciuto come Inbreeding Coefficient (IC) o Coefficient Of Inbreeding (COI). Il COI varia tra 0 e 100%, ed esprime la probabilità con cui la progenie erediterà due alleli identici per lo stesso gene da un comune antenato. Esso dipende da quanti antenati hanno in comune il padre e la madre, da quanto lontano tali antenati comuni appaiono nel pedigree dell’individuo in questione (cioè in quale delle generazioni precedenti), e quanto frequentemente (uno stesso antenato può, per esempio, apparire in due generazioni differenti). Maggiore è il numero degli antenati comuni e più vicini essi sono all’individuo in questione, maggiore sarà il COI. Per esempio, un figlio di fratelli pieni avrà un COI del 25% (supponendo che padre e madre non abbiano altri antenati comuni che i genitori), mentre un figlio di fratellastri, a pari condizioni, avrà un COI della metà (12,5%). Un ulteriore elemento di complicazione è dato dal fatto che gli antenati comuni possono (e molto spesso lo sono) essere a loro volta frutto di inbreeding. Tutti questi elementi rendono il COI un indice difficile da calcolare a mano, soprattutto perché il COI, in una razza canina media, incrementa andando indietro da una generazione all’altra, a causa di quegli antenati comuni che, alla lontana, tutti i cani di una medesima razza posseggono. (...) Chiaramente, più alto è il numero di generazioni incluse nel calcolo, più alto sarà il valore del COI calcolato, poiché, come abbiamo detto, più indietro si va nel tempo più è probabile che i soggetti abbiano antenati comuni. Esiste infine, un altro tipo di accoppiamento, detto outcrossing. Anche stavolta, ciò che i genetisti considerano outcrossing (un accoppiamento casuale tra individui di una popolazione il cui grado di parentela sia più basso della media della popolazione stessa) è ben diverso da quello che gli allevatori invece intendono: un accoppiamento in cui i genitori non abbiano antenati comuni almeno nelle prime cinque generazioni, visto che, come abbiamo detto, più si sale indietro nella genealogia di un cane di razza più sarà probabile trovare antenati comuni. Il coefficiente d’inbreeding della progenie di un siffatto accoppiamento sarà abbastanza basso. Basso o alto sono dei concetti relativi alla razza che si prende in esame; (...) L’entità del COI, è bene ribadirlo, non è in sé né buona né cattiva, ma è bene conoscere le qualità genetiche del nostro cane per poter esprimere tutto il suo potenziale riproduttivo evitando il più possibile di incorrere in cattive sorprese. Nell’outcrossing si possono verificare le seguenti situazioni: scarsa omogeneità della progenie, soprattutto se le caratteristiche fenotipiche dei genitori sono poco “fissate”; minore probabilità di trasmettere alle generazioni successive le caratteristiche desiderate; inserimento di una nuova caratteristica voluta nel nostro stock di allevamento. Ciò è maggiormente probabile se il “partner esterno” ha un coefficiente d’inbreeding medio-alto; mescolamento di due linee di sangue; è un’operazione che viene fatta da numerosi allevatori per rinvigorire le proprie linee di sangue o per introdurre nuove desiderate caratteristiche. Come nel punto precedente le maggiori probabilità di successo si hanno unendo due soggetti con un coefficiente d’inbreeding medio/alto.
Detto tutto questo, è bene dire che non esiste un metodo di allevamento che garantisca risultati sicuri e che, nello stesso tempo, sono nati campioni da tutti i tipi di accoppiamenti sopra menzionati. Conoscere a fondo il pedigree del proprio cane, il suo grado d’inbreeding, e la linea di sangue che porta, è sicuramente il primo passo da effettuare per pianificare un accoppiamento, fatte salve naturalmente le considerazioni già fatte sulle problematiche di salute. Fatto ciò, molto dipende a questo punto da ciò che vogliamo ottenere: ci piace il nostro cane? Quali difetti vorremmo correggerne? C’è qualche antenato di cui vorremmo conservare le caratteristiche? Il nostro cane ha un COI medio-alto (nel qual caso avrà maggiori probabilità di imporre le proprie caratteristiche alla generazione successiva, generando cani molto simili a lui/lei)? Oppure ha un COI basso (per cui nella sua progenie prevarrà ad esempio un partner che abbia un forte linebreeding alle spalle)? Sta quindi all’intuito del singolo allevatore scegliere la combinazione più promettente in relazione al soggetto di partenza e soprattutto quella che consentirà di perpetuare nelle generazioni che si susseguiranno l’ideale (...) che abbiamo in mente. (...)"

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1 commento:

sulleormedellupo ha detto...

argomento interessante.
Posso farti una critica costruttiva???
rivedi i caratteri del post, troppo piccoli e di difficile lettura con un colore simile allo sfondo...
a presto..
katia
ps. abbiamo lo stesso motto....

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