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Gli animali per i bambini possono essere terapeutici!

SimoneG&GDeBeauvoire
Perchè gli animali possono essere terapeutici per i bambini? Perché gli animali comunicano attraverso i sentimenti; perché gli animali non mentono, nel loro comportamento sono diretti, se vogliono rimanere rimangono se si stufano vanno via e non si fanno prendere; perché la loro presenza rappresenta un punto di riferimento che non muta nel tempo; perché si possono toccare (e che sensazioni!!), si possono annusare, si possono perfino baciare; perché sanno ascoltarci e sanno confortarci; perché sono caldi; perché si possono abbracciare; perché non ci giudicano e con loro possiamo essere come siamo; perché non ci impongono niente. In poche parole, semplicemente, perché ci donano amore incondizionato. Il bambino, nella sua innocenza e purezza, possiede grandi potenzialità di relazione con il mondo animale; nella sua spontaneità, il bambino non può pensare di immedesimarsi in una figura come il padrone o il proprietario, nel quale l’animale viene percepito come un oggetto, se tale modello non venga riproposto dall’ambiente in cui vive. D’altronde tra l’animale e il bambino, esistono molte analogie nelle loro manifestazioni emozionali.
Entrambi sono dotati della possibilità di manifestare spontaneamente i loro sentimenti senza dover necessariamente fare i conti con una “struttura mentale” che, per quanto riguarda l’uomo, prenderà il sopravvento solamente in una fase successiva. Tutti e due sono completamente dipendenti dagli altri per quanto riguarda le loro funzioni fisiologiche di sopravvivenza. Tutti e due sono in grado di “sentire” l’ambiente circostante e di esprimere esternamente quello che sentono. Il bambino e l’animale di casa si trovano giocoforza a sperimentare la condizione di compagni di viaggio, con un’unica differenza: mentre l’animale rimane nel tempo uguale a se stesso, al bambino viene richiesto di elaborare la relazione sviluppando un lento e progressivo senso di responsabilità nei confronti dell’animale. Dalla fase di compagni di viaggio si passa così a alla fase di fratelli maggiori e minori, intesa più come relazione di tipo francescana (il fratello sole e la sorella Luna di s. Francesco) piuttosto che di tipo genealogico. L’amore spontaneo che il bambino dimostra nei confronti dell’animale, con la maturità, ha dunque la possibilità di trasformarsi in amore conoscitivo, in un amore che si fa carico delle esigenze di un fratello più piccolo; un fratello che ha bisogno di lui per esistere.
Molte ricerche hanno messo in evidenza come l’animale rappresenti per il bambino una sorta di ginnastica mentale, di ricostituente che permette di immagazzinare tutta una serie di modelli cognitivi da applicare poi alla realtà che lo circonda. In particolare è stato evidenziato il ruolo che un rapporto positivo del bambino con l’animale riveste, quello di facilitare la comprensione del diverso. L’animale richiama i principi di analogia, di somiglianza, a volte omologia e tuttavia resta il diverso per antonomasia. Il ragazzo che si abitua a vivere accanto all’animale e pertanto ad interagire nella quotidianità con un amico differente da lui, in seguito non avrà bisogno di abitare in un mondo omologato per sentirsi tranquillo. In altri termini manifesterà una minore ansia di uniformità verso tutto ciò che lo circonda, sarà cioè meno turbato nel trovarsi di fronte un interlocutore che presenti una qualche diversità. Inoltre, proprio in virtù della sua diversità, l’animale stimola fortemente l’immaginario del bambino, rafforzando la sua fantasia; sono unici infatti gli stimoli che l’animale sa infondere nel bambino richiamando la sua attenzione, ponendogli dei problemi, suggerendogli delle possibili soluzioni.
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Il “dialogo” con l’animale rappresenta, quindi, una palestra logopedica spontanea che vede nella comprensione da parte dell’animale un forte rinforzo positivo. Inoltre il bambino si rende conto che per comunicare non si usano solo le parole ma anche i gesti, il movimento del corpo, le posture ed in breve tempo arriva a comprendere che ogni verso o postura ha un significato: il gatto miagola quando vede il cibo, fa le fusa quando è contento, il cane scodinzola e abbassa il posteriore quando vuole giocare, ringhia per difendere la proprietà.
Il senso di responsabilità del bambino che si trova a crescere e ad accudire l’animale domestico, percepito come un amico, il costante stato di emotività positiva del pet, che si contrappone alle più facili alterazioni di umore dei genitori, contribuiscono a far vivere al piccolo un momento di minore incertezza. I genitori devono insegnare al bambino che il cucciolo non è un giocattolo di cui disporre senza alcuna limitazione, spiegandogli che va sempre rispettato anche quando si gioca, stando attenti a non tirare i peli o la coda o i baffi oppure a non abbracciarlo in modo troppo intenso perché anche l’animale più mansueto può reagire in modo inaspettato. È utile coinvolgere i bambini più grandi in alcune semplici incombenze come, ad esempio, portare all’amico “a quattro zampe” la ciotola con la pappa o con l’acqua, al fine di responsabilizzarli nel prendersi cura di un altro essere vivente. Il tipo di relazione che lega il bambino all’animale è semplicemente fatta di amore.
Un amore che si estrinseca nel gioco, nella complicità, nella condivisione di specifiche esperienze, nelle carezze, nella reciproca presenza, negli sguardi; un amore reciproco, semplicemente questo.

da: http://www.petblog.it/

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