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I nostri cani: l’Alaskan Malamute

di Giuseppe Biagiotti
Pubblichiamo questo articolo sull’Alaskan Malamute tratto dal numero di maggio de I nostri cani, organo ufficiale Enci.
Alaskan Malamute
Storia e attualità del Malamute
SE L’ALASKAN DIVENTA LEADER
Considera la famiglia il branco ma fate in modo che non sia lui a comandare
Quando pensiamo di acquistare un cane per introdurlo in un ambiente domestico è bene farsi delle domande ponendo come basi di una scelta non solo le caratteristiche morfologiche ma anche i tratti caratteriali che contraddistinguono la razza individuata. Rivolgendo uno sguardo all’Alaskan Malamute è difficile non rimanere colpiti dal suo aspetto imponente, vigoroso, elegante. Il fascino del “lupo” e del cane del Grande Nord è insito nella sua struttura morfologica ma è bene volgere uno sguardo più completo alle sue doti caratteriali, spesso oggetto di critiche infondate e superficiali affinché si possa operare una “scelta consapevole”. Per conoscere l’Alaskan Malamute per ciò che oggi è bisogna conoscere la sua storia e le sue origini rappresentando nel suo complesso il perfetto incontro tra selezione naturale e selezione umana, partendo altresì dal presupposto che conoscendo la sua vera “essenza” si possa addivenire ad un giusto approccio educativo ed ad una corretta analisi del suo linguaggio “canino” diverso dal quello di altre e più comuni razze.
Prima di descrivere com’è oggi l’Alaskan Malamute non si può dunque non volgere uno sguardo al passato facendo cenno a coloro che per primi ne formarono una prima “selezione”: la tribù degli Inuit.
Gli Inuit, popolo ancora oggi presente in una piccola area geografica della costa nord-ovest dell’Alaska, più precisamente nella baia di Kotzebue Sound, sono stati coloro che ci hanno tramandato nel corso dei secoli quel patrimonio genetico che è alla base dell’odierno Alaskan Malamute.
In verità fu una tribù del popolo Inuit ad essere l’inconsapevole “selezionatore” di questa razza i “Mahlemiut” come loro stessi si fecero chiamare: l’origine etimologica è la fusione di due parole “mahale” che era il nome dato dalla Tribù all’area geografica in cui vivevano e “miut che significa “popolo”.
L’impiego dei cani in Alaska è stato storicamente datato e risalente a circa 1000 anni fa, (nella Siberia Asiatica il suo impiego risale invece a circa 2500 anni fa).
I “Mahlemiut “ nel corso dei secoli per coadiuvare le loro attività protese tutte alla sopravvivenza in un ambiente ostico sia per la rigidità climatica sia per l’austerità alimentare, si avvalsero di cani da slitta adattandoli a vari compiti.

Com’erano impiegati
1) Traino: trainavano animali morti sul ghiaccio fino agli accampamenti, imbarcazioni (e ciò in particolare durante i traslochi nel periodo estivo), slitte con sopra persone, prede ed altri utensili, e ciò su lunghe distanze con una velocità media, su un terreno non facilmente praticabile.
2) Trasporto: trasportavano con grosse sacche sul dorso cibo per cani ed umani e piccoli effetti
3) Caccia: in talune circostanze coadiuvavano l’uomo nella caccia all’orso polare, anche se tale impiego è da considerarsi marginale.
4) Guardia: funzione piuttosto limitata al solo fatto che essi segnalavano l’avvicinarsi di predatori quali orsi e lupi nei pressi degli accampamenti.
5) Compagnia

Ma il cane da slitta in queste piccole comunità dell’Alaska svolse anche una funzione sociale; la scarsità di relazioni umane pose il binomio uomo-cane al centro della vita di interi villaggi anche dal punto di vista affettivo diventando il cane un essere integrato nella società con un suo ruolo di compagnia nei momenti in cui la vita di certo non risparmiava il suo lato più rigido ed austero.
Insomma il cane per gli Inuit in molte circostanze rappresentava tutto: la compagnia, il lavoro, la sopravvivenza.
Per ottenere cani con doti così complete capaci di resistere alle intemperie del Grande Nord, e dalla tenacia e resistenza senza eguali, gli Inuit praticarono incroci con cani originariamente importati dall’Asia con esemplari di lupo artico. Questi ibridi di lupo, tuttavia, non potevano essere “addestrati” se non a partire dalla terza generazione. La natura per contro nella rigidità delle sue leggi, a cui anche gli Inuit dovettero per necessità sottostare, operò la sua selezione su questi cani plasmando non solo le caratteristiche morfologiche ma anche caratteriali.

Alaskan Malamute
La caccia all’oro
Quando nei 1867 gli Stati Uniti riacquistarono dallo Zar di Russia l’Alaska, questo Paese subì la sua ultima grande trasformazione. Arrivò allora in Alaska la “caccia” all’oro. È in questo periodo che le tribù Inuit entrarono per la prima volta in contatto con l’uomo bianco e la sua civilizzazione. L’arrivo degli Europei portò alla scoperta dei cani allevati dagli Inuit; apprezzati per la straordinaria resistenza al lavoro ed alle ostilità del clima essi tuttavia furono selezionati e riconosciuti come razza dall’American Kennel Club soltanto nel 1935 grazie ad Eva Seeley, giovane insegnante del Massachussets, pioniera della razza Alaskan Malamute e Siberian Husky.
I Malamute di Eva Seeley ebbero onore e gloria, accompagnando la prima spedizione di Byrd in Antartide e venendo poi “arruolati” dall’esercito all’inizio della seconda guerra mondiale; ma fu una gloria pagata a caro prezzo, perché al termine della guerra la razza era praticamente decimata. La sua storia ricomincia solo nel 1947, con tre diverse linee di sangue:
• La prima, chiamata “Kotzebue”, discendeva direttamente dai cani di Short Seeley.
• La seconda, chiamata “M’Loot”, proveniva dal territorio dello Yukon ed era stata importata da Paul Voelker.
• Alla terza linea, quella meno conosciuta, veniva dato il nome di “Hinmann-Irwin”, dai nomi di coloro che la divulgarono. Ebbe una storia piuttosto breve, ma fece comunque sentire il suo influsso sullo sviluppo della razza.
Kotzebue e M’Loot erano piuttosto diversi tra loro, per statura, colorazione del pelo ed indole.
Per molto tempo le due linee vennero allevate in purezza: poi Robert Zoller, titolare dell’affisso Husky-Pak, decise di incrociarle tra loro ottenendo esemplari strepitosi. Da allora le due linee si sono sempre più legate tra loro e quasi tutti i pedigree moderni le comprendono entrambe. Tuttavia ancora oggi si possono vedere molte differenze morfologiche tra i vari esemplari, a testimonianza delle originarie linee di sangue su cui si è basata nel tempo la selezione della razza.
A fattor comune le caratteristiche morfologiche, ben indicate nell’odierno standard di razza a cui rimandiamo per una conoscenza più approfondita, ci raccontano ancor’oggi di quella rigorosa selezione operata da madre natura ed a cui per secoli gli Inuit hanno soggiaciuto. Vigorosità, imponenza ed eleganza esprimono ciò che senza tema di smentita possiamo affermare essere una razza “sana ed equilibrata” tra le più longeve tra i cani di grossa taglia.

Il carattere
Chiunque abbia incontrato un Alaskan Malamute non può non essersi meravigliato del suo carattere dolce ed affettuoso, pur essendo un cane dominante di natura essendo il suo carattere improntato al rispetto delle gerarchie sociali come tutti i cani nordici. Queste caratteristiche provengono dalle sue condizioni di vita d’origine: la necessità di lavorare per diversi musher esigeva un carattere amichevole ed aperto verso gli stranieri anche se nel contempo il suo stretto legame di “sangue” con il lupo ne preservava i rapporti di gerarchica nel branco. Un Alaskan Malamute di norma dunque non deve mostrare né aggressività territoriale né verso le persone, non è un buon custode, non è nato per essere un cane da difesa; il suo carattere indipendente rende la relazione cane-padrone diversa da quelle che si possono avere con altre razze come ad esempio i “pastori” e/o cani da guardia e da difesa.
La famiglia in cui un Alaskan Malamute andrà ad inserirsi costituirà il suo branco. Se un Alaskan Malamute giudicherà il suo padrone non capace, assumerà lui il ruolo di “leader”, cosa che potrebbe significare, se dovesse esserci la necessità, dal punto di vista del cane, che egli intervenga e corregga, il padrone e la sua famiglia, con tutte le conseguenze sgradevoli che da ciò ne potrà derivare. Affinché il rapporto tra Alaskan Malamute e padrone sia sano è necessario dunque che venga portato avanti con equilibrio senza eccessi ma soprattutto con atteggiamenti coerenti, sempre con la consapevolezza che il proprietario dovrà assumere la posizione di “leader” stabilendo le regole di gioco e di vita comune. Un Alaskan Malamute generalmente è il compagno perfetto per i bambini, adatto a persone e famiglie che quotidianamente possano dedicargli tempo ed attenzioni. E’ il cane per eccellenza per chiunque ami la vita a diretto contatto con la natura, compagno ideale per uscite in dog-trekking, sleddog, skijoring. Dotato di notevole intelligenza e autonomia decisionale se non motivato non è ideale esecutore di ordini. Non è un cane nato per compiacere il padrone ma non esiterà di stupire allorché si avrà l’occasione di vedere questo cane/lupo del Grande Nord capace di leggere negli occhi del suo padrone/leader!

Mantello
Pelo di guardia fitto e ruvido, mai lungo o soffice. Il sottopelo è denso oleoso e lanoso. Il ruvido pelo di guardia varia in lunghezza come pure il sottopelo.
La gamma di colori va dal grigio chiaro, attraverso sfumature intermedie fino al nero, sabbia, e sfumature di sabbia fino al rosso.
La toelettatura è naturale; è buona norma spazzolarlo almeno una volta a settimana.

Taglia e peso
Altezza: vi è una naturale gamma di taglie nella razza. Le taglie ideali per il traino sono:
Maschi h 63.5 peso 38 kg
Femmine h 58,5 peso 34 kg
Giuseppe Biagiotti

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