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Studio sulle Teorie dell’Apprendimento

In qualche modo in questo mondo dobbiamo sopravvivere. Questa è una verità che accomuna tutti gli esseri viventi. Le forme di vita più semplici ereditano, nel loro patrimonio genetico, modi e mezzi per far fronte all’ambiente. Anche l’organismo umano prevede qualcosa del genere, che si esprime nei comportamenti innati, come la chiusura protettiva delle palpebre all’avvicinarsi di un corpo contundente. L’uomo e gli animali superiori hanno imparato a distinguere due tipi fondamentali di previsioni:

1. quali eventi seguono ad altri eventi (causalità)
2. quali eventi sono sotto il nostro controllo, e quindi sono modificabili dal nostro comportamento.

Tramite questo processo di collegamento, l’uomo si è adattato all’ambiente esterno, e successivamente ha adattato l’ambiente esterno a sé. I processi di apprendimento che hanno portato il nostro livello evolutivo ai giorni nostri vengono da sempre studiati basandosi sull’osservazione degli animali. Anche gli animali infatti sono in grado di formare legami associativi fra gli eventi: Ivan Pavlov, fisiologo russo premio Nobel nel 1904, fu il primo a darne brillante dimostrazione tramite il suo noto esperimento.

Condizionamento Pavloviano

Egli era partito dalla constatazione del riflesso automatico (cioè iscritto geneticamente) della salivazione di un cane nel momento in cui questo vedeva il cibo. Chiamò il cibo stimolo incondizionato, e la salivazione risposta incondizionata. Pavlov notò come lo ptialismo cominciasse a manifestarsi mentre il cane udiva il clangore delle pentole che precedeva la presentazione del cibo: si trattava di un riflesso condizionato, cioè appreso. Lo scienziato allora introdusse il cane in una stanza insonorizzata, e cominciò a far precedere la presentazione del cibo dal suono di una campanella. La campanella era uno stimolo condizionato. Dopo qualche ripetizione il cane cominciò a salivare al suono della campanella, dunque lo ptialismo era diventato una risposta condizionata. Il condizionamento pavloviano dimostrava come abbinando più volte SI con SC, seguiti da RI, SC susciterà RC. Questo è il processo di acquisizione. La seconda fase dell’esperimento di Pavlov prevedeva che al cane si continuasse a presentare il suono della campanella senza però che ne seguisse il cibo: la risposta condizionata scomparì gradualmente. Questo processo si chiama estinzione. Dopo una notte di riposo, si presentò di nuovo al cane il solo suono della campanella, e Pavlov notò come le prime presentazioni evocassero di nuovo una forte salivazione: questa fase venne denominata recupero spontaneo, ed è caratteristico delle risposte condizionate che hanno subito un processo di estinzione. Reintroducendo il rinforzo dello stimolo incondizionato più lo stimolo condizionato si ottenne un riapprendimento molto rapido, detto riacquisizione. Questo dimostra che è difficile eliminare completamente gli effetti del condizionamento (Pavlov si accorse inoltre di un dato molto importante, da sfruttarsi in fase di addestramento: la relazione temporale tra sc e si. Il condizionamento è efficace quando tra sc e si intercorre un secondo, meno buona è la presentazione simultanea.). Una volta instaurato il condizionamento, Pavlov decise di studiare la capacità di discriminazione dello stimolo condizionato. Il suono introdotto aveva un tono di 1000Hz, e Pavlov notò come il cane salivasse, anche se in minor quantità anche con frequenze simili. Si trattava di generalizzazione: maggiore era la somiglianza con i 1000Hz, maggiore era la salivazione. L’addestramento alla discriminazione consisteva in una serie di associazioni del tono 1000Hz con il cibo, intervallate irregolarmente dai toni 900Hz e 1100Hz senza cibo: la discriminazione venne appresa completamente, il cane salivava solo al tono 1000Hz.

Gli Esperimenti di Mackintosh

Il condizionamento pavloviano potrebbe far pensare che l’apprendimento si basa soprattutto su condizioni spazio-temporali. Le cose sono in realtà ben più complesse, e lo dimostrarono gli esperimenti dello psicologo animale Mackintosh, condotti sui ratti. Egli considerò un ratto che aveva assaggiato il cibo avvelenato una sola volta, e non l’aveva mai più toccato. Come era possibile che si formasse un’associazione tra il cibo e il mal di pancia, dato che questo si presentava dopo molte ore? Inoltre il cibo era stato provato una sola volta. Mackintosh si mise a studiare questa selettività di causa-effetto. Egli somministrò un po’ di caffè ad un ratto, e dopo un’ora gli procurò un lieve malessere tramite un’iniezione di cloruro di litio. Il giorno dopo il ratto rifiutò il caffè: l’avversione si verifica poiché il caffè è l’ultima sostanza dal sapore nuovo che il ratto ha assaggiato prima del mal di pancia. Lo stesso esempio trovava conferma in un secondo ratto al quale era stato somministrato del saccarosio un certo tempo dopo il caffè, e quindi procurato il mal di pancia: il ratto sviluppava avversione al saccarosio. Ad un terzo ratto veniva somministrato il caffè quotidianamente, seguito da altri cibi, e a giorni alterni veniva procurato il malessere: questo sviluppava comunque avversione al caffè perché questo restava il miglior indice di previsione del male, sebbene imperfetto. Tuttavia se allo stesso ratto veniva fornito un elemento di previsione più rapido, come ad esempio del saccarosio solo in corrispondenza del malessere, questo sviluppava avversità non più al caffè, anche se ultima sostanza ingerita, ma al saccarosio. Mackintosh dimostrò dunque che il condizionamento non era riducibile ad un accoppiamento tra due eventi temporalmente contigui, ma si rifaceva anche alle esperienze passate. Questa linea di pensiero diede il via alle teorie di Thorndike, che, intorno al 1911, analizzava l’apprendimento per prove ed errori.

Thondike e la Problem-Box

Egli condusse i suoi esperimenti su di un gatto, messo in una gabbia creata appositamente per dare dei problemi al gatto che cercava di uscirne. Il gatto compiva dei movimenti alla cieca, che quindi fornivano casualmente sia risposte giuste che sbagliate. Le risposte giuste consistevano nel tirare una corda o premere una leva che permetteva l’uscita dalla gabbia. Thorndike accertò che le risposte giuste tendono ad essere ripetute, mentre quelle sbagliate vengono abbandonate, con una progressiva diminuzione del tempo di uscita dalla gabbia. Queste sperimentazioni accertavano ancora una volta l’apprendimento per associazioni, ma in più introducevano la gratificazione dell’animale tramite ricompensa, in questo caso l’uscita dalla gabbia. Il comportamento venne chiamato Apprendimento Strumentale. Questa teoria e il condizionamento pavloviano vennero sviluppate da Burrhus F. Skinner, che si concentrò sul comportamento offerto non in base ad un stimolo, ma in previsione di una ricompensa.

Skinner e il modellaggio

Nel 1938 Skinner introdusse la distinzione tra:
1. comportamenti rispondenti, derivati da riflessi innati o appresi tramite condizionamento;
2. comportamenti operanti, emessi spontaneamente dall’individuo per associazione tra stimolo e risposta;

Skinner notò che i comportamenti operanti erano direttamente proporzionali al rinforzo, che poteva essere positivo (cibo o acqua) o negativo (cessazione di una scossa elettrica o di un rumore), o alla punizione, ovvero una contingenza volta ad eliminare una risposta non voluta. Introdusse così il concetto di condizionamento operante, in cui il soggetto agisce nell’ambiente, e ripete i comportamenti in risposta a
stimoli, a differenza del condizionamento classico pavloviano , che venne definito rispondente, dato che il soggetto non controlla la risposta. Gli esperimenti di Skinner partivano da una base molto simile a quella di
Thorndike: egli ideò infatti la Skinner-Box, una gabbia all’interno della quale vi era una levetta che azionava un dispensatore di cibo. Il ratto posto all’interno della gabbia si muoveva liberamente, e all’inizio solo per caso andava a toccare la levetta, che faceva scattare con un suono secco il distributore, dunque veniva premiato. In poco tempo, grazie al rinforzo del cibo, il ratto imparava ad azionare la levetta. A questo punto Skinner riuscì ad introdurre una tecnica che chiamò modellaggio: egli osservava attentamente il ratto, ed ogni volta che questo si avvicinava alla parete con la leva, gli somministrava un po’ di cibo. In questo modo, rinforzando la risposta di avvicinamento, egli rendeva più probabile l’azionamento della leva. Skinner modellava il comportamento del ratto, che giungeva all’apprendimento della risposta corretta tramite approssimazioni successive. Tramite il modellaggio Skinner arrivò all’esito paradossale del piccione superstizioso. Come nel caso dei ratti di Mackintosh, i piccioni attribuiscono il premio all’ultimo avvenimento rilevante. Skinner allora distribuì al suo piccione il cibo ad intervalli frequenti e casuali, mentre esso si muoveva liberamente. Il piccione, via via che riceveva il cibo in seguito alle circostanze più svariate, sviluppò un comportamento stereotipato, nel quale girava in tondo, sbatteva le ali, beccava un particolare punto del pavimento: il rilevatore di causalità dell’animale si attivava ogni volta che veniva premiato e attribuiva ad ogni azione l’ottenimento del cibo. In natura gli organismi sono protetti dal rischio di associare tutto con tutto, ma le particolari condizioni create da Skinner (la ristrettezza dello spazio e la frequenza dell’evento) mettevano in crisi il rilevatore di causalità del piccione.
Nell’ambito del modellaggio, Skinner scoprì che la risposta dell’animale era meno soggetta all’estinzione se il rinforzo diventava intermittente: se il ratto nella Skinner–Box riceveva il cibo non ogni volta che schiacciava la leva, il suo comportamento diveniva più rapido e duraturo. Skinner pensò che questa tecnica fosse un mezzo così potente da rendere possibile progettare su carta una società utopica, priva di conflitti, grazie al modellaggio di tutti i componenti. Egli non immaginava punizioni, ma solo un sapiente dosaggio di premi da iniziarsi coi bambini appena nati. Ovviamente si sarebbe trattato di una società tirannica, amministrata solo e unicamente dall’autorità centrale, e apparentemente libertaria, poiché priva
di costrizioni vissute come tali dai cittadini. Tuttavia il condizionamento operante risultò ancora incompleto per essere applicato all’apprendimento degli esseri umani.

I Comportamentisti e gli Etologi

La tradizione di ricerca che va da Pavlov a Skinner ha costituito un grande tentativo di spiegare tutta l’azione umana in termini di apprendimenti costruiti grazie a condizionamenti. Questa corrente venne chiamata comportamentismo, perché:

1. spiega ogni comportamento con il condizionamento ed evita di nominare qualsiasi contenuto mentale;
2. presuppone che una persona sia frutto della sua esperienza: tutto è acquisito, nulla innato;
3. assume che modellare l’uomo sia un processo più ricco ma governato dagli stessi meccanismi di condizionamento che agiscono negli animali superiori: si spiega il complesso tramite la comprensione del
semplice.

Il comportamentismo fallì, rispetto alle intenzioni dei pionieri, poiché non prevedeva l’uso di costrutti teorici quali i modelli mentali, ed era quindi costretta ad ampliare a dismisura i concetti di stimolo e risposta per rendere conto di fenomeni quali la comunicazione linguistica. Ebbe tuttavia due grandissimi meriti, per i quali non è mai tramontato ma si è anzi integrato ad altri metodi di indagine. Il primo merito fu quello di fondersi con l’etologia, dando così vita alle moderne tecniche di comprensione e addestramento degli animali. L’etologia prende in esame i comportamenti degli animali nell’ambiente naturale, dunque analizza la componente istintiva e la capacità innata di rispondere alle situazioni. Il primo a riconoscere l’importanza di uno studio al naturale dei soggetti animali fu Konrad Lorenz, negli anni trenta. Naturalmente non mancarono attriti e incomprensioni tra etologi e comportamentisti, tanto che alla fine della seconda guerra mondiale la polemica sfociò in una vera e propria lotta: gli etologi arrivarono a definire i comportamentisti come “individui dal camice bianco specializzati in ratti da laboratorio”, ma a loro volta venivano indicati come scienziati non oggettivi e dalla disprezzabile formazione intellettuale. Era difficile trovare punti di incontro. In realtà in seguito risulterà chiaro che le due impostazioni, l'una basata sullo studio degli animali nell'habitat naturale, l'altra sulla loro osservazione in laboratorio, vanno integrate per avere risposte esaurienti sul comportamento animale. Infatti da un lato lo studio in natura fa emergere i comportamenti innati, già scritti nel patrimonio ereditario della specie come risposte fisse a stimoli ambientali fissi, dall’altro lo studio in laboratorio pone l'animale in situazioni nuove, mettendo in luce le capacità di elaborare risposte diverse a stimoli diversi e quindi le sue possibilità di adattamento e apprendimento. L’altro grande pregio dei pionieri del comportamentismo è stato quello di aprire la strada ad alcune teorie dell’apprendimento più elaborate, quali ad esempio quelle di Tolman e di Bandura.

Le teorie cognitive di Tolman

Secondo le teorie cognitive sviluppate principalmente da Tolman e dagli psicologi della Gestalt, non si imparano abitudini, ma si costruiscono strutture cognitive. Tolman introdusse il concetto di apprendimento latente, ovvero un apprendimento che non si manifesta subito, ma che rimane impresso nella memoria, e che non necessita di rinforzo, ma si presenta nel momento in cui è necessario. Per dimostrare la sua teoria Tolman introduceva dei ratti in un percorso a tre vie di lunghezza differente che conducevano ad un'unica uscita: Il percorso scelto dai ratti era sempre il più breve. Dunque Tolman ipotizzò l’esistenza di mappe cognitive, cioè rappresentazioni mentali della meta e dello spazio per raggiungerla, e quindi un genere di apprendimento che guida la scelta delle azioni secondo il principio di parsimonia (la strada più breve). Tolman definì tre condizioni base per l’apprendimento: lo scopo, la memoria e la cognizione. Il comportamento ha uno scopo quando:

1. cessa quando la meta è raggiunta.
2. la meta è la stessa nonostante variazioni delle condizioni del comportamento.
3. il comportamento è diretto alla meta in funzione della sua posizione.

Lo scopo è più forte del rinforzo: rifacendosi alla teorie del rinforzo intermittente di Skinner, Tolman vide nell’aspettativa il vero motore dell’apprendimento, e lo dimostrò proprio seguendo lo schema della Skinner-Box: mise a confronto due ratti, uno dei quali azionando la leva riceveva premi di dimensione crescente, per l’altro invece i premi erano decrescenti. Il ratto i cui premi andavano aumentando ripeteva
insistentemente il comportamento, mentre l’altro andava scemando. Da quest’esperimento si nota anche l’importanza della memoria: la memoria è la condizione per cui il comportamento dipende non solo da stimoli presenti ma anche da stimoli passati. Secondo Tolman la struttura interna dell’organismo, che si crea rappresentazioni della realtà grazie all’esperienza e alle proprie mappe cognitive, è fondamentale nell’apprendimento, in quanto filtro tra lo stimolo e la risposta. E’ per questo che organismi diversi danno risposte diverse agli stessi stimoli a seconda dei propri parametri. In fase di addestramento quindi, diventa fondamentale tener presenti i parametri diversi che ogni cane offre, sia in base alle esperienze passate, che in base a predisposizioni caratteriali.

Bandura e l’Apprendimento Sociale

Un altro importante passo tra il comportamentismo e il cognitivismo lo fece Albert Bandura. Egli si accorse di come il comportamento non venisse condizionato solo dal contatto diretto con gli oggetti e gli stimoli, ma venisse condizionato anche dall’esperienza indiretta. L’esperimento che lo rese celebre riguarda l’aggressività, e venne svolto non con gli animali, bensì osservando il comportamento dei bambini. Ad un gruppo di bambini veniva mostrato un filmato in cui un adulto picchiava un pupazzo gonfiabile detto Bobo. Questi bambini, introdotti poi in una stanza con vari giochi tra cui Bobo, non esitavano a riproporre l’atteggiamento visto nel video, sviluppandolo anzi esercitando violenza sul pupazzo anche servendosi dei giochi come corpi contundenti. In un secondo momento Bandura prese in considerazione due gruppi di bambini: ad un gruppo veniva mostrato il modello che picchiava Bobo; al secondo gruppo, dopo aver mostrato la stessa sequenza, veniva spiegato da un altro modello che ciò che avevano visto era male. Il primo guppo riprodusse i comportamenti visti, il secondo invece si astenne dal picchiare il pupazzo. In luce di questi fatti Bandura definì il rinforzo e la punizione, o meglio la disapprovazione, come una parte molto importante del processo di apprendimento. Questa forma di apprendimento, detto vicario, è incentrato sul processo di imitazione che intercorre tra osservatore ed osservato. Anche questa teoria, come il condizionamento operante di Skinner, elabora un concetto di modellamento, in cui Bandura definisce una serie di condizioni:

1. L'attenzione dell'osservatore rivolta verso il modello. Tale attenzione si rivolge a lui anche senza essere rinforzata o premiata.
2. L'identificazione che si instaura tra modello e osservatore: più è elevata, più l’apprendimento avrà effetto.
3. La capacità di ricordare e richiamare il modello comportamentale a distanza di tempo quando si sviluppano le situazioni adeguate.

L’apprendimento sociale si sviluppa anche fra gli animali: l’importanza della presenza della madre e dei fratelli nei primi periodi di vita di un cucciolo, detti appunto periodi sensibili, è motivata proprio dall’educazione che il cucciolo riceve anche solo osservando i propri partner sociali.

L’Addestramento Moderno

Lo studio dell’apprendimento basandosi sui comportamenti degli animali ha portato un enorme vantaggio nelle tecniche di addestramento. In primo luogo già all’inizio del novecento, con l’affermarsi degli esperimenti di Pavlov, il condizionamento rispondente era diventato di uso comune, tanto da venir denominato condizionamento classico. In secondo luogo, le teorie di Skinner e di Thorndike e l’introduzione del rinforzo positivo confermarono che i metodi gentili davano risultati molto maggiori rispetto ai metodi coercitivi. In seguito l’allievo di Skinner Keller Breland, insieme a Marian Breland Bailey e Bob Bailey, sviluppò le teorie del modellaggio in una tecnica chiamata Clicker Training. Essi si resero conto che la gratificazione dei topi nella Skinner-Box avveniva già al suono della leva che azionava il distributore, e che il cibo ne era poi solo conferma. Questo rispecchiava le teorie di Tolman riguardo all’ importanza dell’aspettativa. Keller Breland partecipò al progetto Pelikan negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, per addestrare i piccioni a guidare le bombe: alla fine della guerra i coniugi Breland e Bob Bailey avevano educato più di 140 specie di uccelli e mammiferi grazie al Clicker Training. Il clicker infatti è un mezzo potente soprattutto per comunicare con tutte quelle specie con cui non può esserci una costrizione fisica ad eseguire gli esercizi, come i delfini e gli uccelli. L’applicazione e lo sviluppo delle tecniche dei Breland furono però strutturate in un metodo e applicate su tutti gli animali solo successivamente. Fu Karen Pryor, zoologa specializzata in biologia comportamentista, negli anni sessanta, ad applicare il clicker prima sui delfini e poi sui cani, i cavalli e i gatti. Il clicker diviene una sorta di traduttore universale, che verte alla comprensione interspecifica, estremamente semplice nel meccanismo ma molto rigoroso nei principi scientifici su cui si basa (il condizionamento operante, l’apprendimento per prove ed errori, il rinforzo e il modellaggio). Grazie al Clicker Training e all’osservazione e la comprensione dei comportamenti animali, l’addestramento moderno ha fatto passi da gigante, raggiungendo grandi risultati non solo nelle discipline sportive ma anche nelle applicazioni sociali come la Dog Therapy e la Pet Therapy.

SimoneG&GDeBeauvoire
Nella mia vita questo secolo di studi ha lasciato un segno profondo. Ho visto applicarsi la teoria di Bandura sui miei cani : Rama, un cane lupo cecoslovacco di 10 mesi, applica le posture di dominanza e di aggressività sul meticcio Lucky proprio quando il vecchio capo dal quale le ha imparate, un pastore tedesco di nome Lighol, non è presente per fermarlo. Non solo: Rama ha appreso il comando “Hip”, per passare dalla posizione di terra a quella del seduto, imitando la madre Earwen che già conosceva questo esercizio. E questi sono solo dettagli. Ora osservo i miei tre cani che giocano in giardino, e vedo, ogni tanto, un branco di lupi. Imparare a riconoscere il loro linguaggio mi ha aiutato a capirne le dinamiche e le gerarchie, a prevenire gli scontri e dunque ad assumere tra di loro il posto del capobranco. Questo ha dato loro tranquillità e fiducia, e mi ha permesso di iniziare una vera e propria comunicazione. Ho esordito con l’utilizzo del Clicker training col mio giovane Rama, con Lucky mi muovo invece seguendo il condizionamento classico, mentre con Lighol lavoro in un modo tutto nostro, dato che lui gode della posizione di mio braccio destro. Loro tre sono individui diversi con strutture cognitive ben differenti, come diceva Tolman. Escogito rinforzi positivi che li sorprendano, esercizi che li appaghino, trucchi che li
spiazzino. Rama ha smesso di saltare la rete di recinzione, da quando si è accorto che ogni volta che lo faceva, veniva colpito da un sassolino. Non ha capito esattamente a che cosa servisse la fionda infilata nella mia cintura. Le teorie dell’apprendimento e il modellaggio attraverso il clicker non sono state per me solo un mezzo di educazione dei miei cani, ma hanno decretato la fine dei confini tra di noi: basta con le mie prevaricazioni e le loro fughe, ora c’è un reciproco sforzo di avvicinarci e di comprenderci. Io li osservo, è vero ma anche loro lo fanno. Gli occhi a mandorla di Rama mi scrutano mentre gli chiedo di offrirmi qualche comportamento, si sforza di capire cosa voglio da lui e scodinzola ogni volta che sente il suono del clicker. Lighol mi inchioda con il suo sguardo saggio e profondo, ogni tanto si chiede perché improvvisamente io abbia deciso di farlo camminare al mio fianco invece che qualche passo avanti quando usciamo al guinzaglio, ma è ben contento di notare che le nostre passeggiate si sono fatte più lunghe e frequenti. Lucky dorme sul tappeto del salotto, non ringhia più quando voglio farlo uscire e mi guarda pieno di gratitudine per aver finalmente stretto i ranghi del branco, così anche lui vive sereno. Certo, non è facile, non è mai facile, Rama me lo ricorda spesso, sbadigliando durante quell’esercizio che proprio non capisce. La strada è ancora lunga, però, con questo passo che abbiamo preso, non credo che ci stancheremo.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Articolo molto interessante, come sempre quelli che vengono proposti in questo sito informativo.
Carolina
www.mercurioalaskanmalamute.wordpress.com

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