Ora possiamo parlare di dominanza e del suo opposto, ovvero la sottomissione. Il cane può pensare che siamo conspecifici, ma NOI sappiamo di non esserlo!
E cosa comporta, il non-esserlo? Parecchie cose.
Ma attenzione: non è che tutti i cani vogliano diventare “capobranco” (figura, peraltro, assai mitizzata)!
A loro interessa un grado compatibile con la propria sicurezza in se stessi, con le proprie capacità e abilità. Purtroppo la nostra abitudine ad antropomorfizzare ci porta a pensare “ma poverinoooo!” del cane sottomesso, quando magari lui sta benissimo nel suo ruolo. Le sfide “serie” per salire la scala gerarchica sono quasi sempre soltanto “scenografiche”. I cani che vivono con gli umani, per la maggior parte del loro tempo, o si riposano o giocano (in natura caccerebbero anche, ma i cani umano-muniti sanno che arriva la ciotola e quindi non ne hanno bisogno): e quando giocano mettono in atto, sì, tutti i meccanismi della lotta, ma in modo incruento e assolutamente “scherzoso”.
La lotta per gioco è contemporaneamente una scuola ed una valvola di sfogo antistress. Però il gioco si conclude SEMPRE, immancabilmente, con il classico “ristabiliamo le gerarchie”: prima di tornare a farsi ognuno gli affari propri, i sottoposti rendono omaggio ai “capi” con rapidi, ma chiari gesti di sottomissione attiva (musatina, leccatina, coda e orecchie abbassate, postura alla “mi faccio piccolo piccolo di fronte a te” e così via). Però da questo tipo di “scuola gerarchica” non siamo completamente tagliati fuori: ci sono cose che possiamo fare anche noi, giocando con il cucciolo. Per esempio, segni classici di dominanza sono la “presa di muso” e la “presa di collo”, che possiamo riprodurre benissimo usando le nostre mani come “fauci”.
Ora chiediamoci: ha davvero senso compiere gesti canini “umanizzati”, nel rapportarci col nostro cane?
A mio avviso sì, specie quando si tratta di un cucciolo (ma non solo). Dopo aver giocato con lui, questi gesti servono a “ristabilire le gerarchie”…e quindi ci servono come test: infatti, se lui li accetta, significa che accetta la nostra dominanza serenamente e senza porsi troppi problemi. Se invece cerca di capovolgere la situazione, sottrandosi o ribellandosi, c’è qualcosa che non funziona nel nostro rapporto gerarchico. Ed è molto meglio capirlo dopo un gioco, piuttosto che aspettare che arrivi davvero un conflitto.
Ed eccoci finalmente al punto chiave: come si fa ad essere “il capo” del nostro cane? E se ci accorgiamo che lui sta mettendo in discussione questo ruolo, come possiamo recuperarlo?
Intanto chiariamo subito che il termine “capo” è corretto se lo intendiamo nel senso di “superiore gerarchico”: invece il termine “capobranco”, pur rendendo l’idea ed essendo diffusissimo (ogni tanto lo uso anch’io, proprio perché così tutti capiscono di cosa sto parlando) è decisamente ambiguo.
E’ vero, infatti, che un capobranco è sempre un cane dominante…ma non è affatto detto che un cane dominante sia il capobranco! Il capobranco, in natura, è il leader di un gruppo, di una struttura sociale: ma non “domina” il branco. Lo guida!
E questo, per esempio, non implica mai la forza fisica (a che servirebbe?), mentre la forza fisica è una delle componenti che possono (non devono, ma possono) intervenire nei rapporti (a due) di dominanza/sottomissione.
“Dominante” e “capobranco” NON SONO SINONIMI! Sono concetti sovrapponibili in alcuni casi, questo è vero: ma lontanissimi in altrettanti casi. E che, in altri casi ancora, si incasinano a vicenda: non nella comprensione dei termini, ma proprio nella realtà dei fatti! Per esempio: il cane A può essere sottomesso a voi, ma dominante sull’altro cane di casa B, che però a sua volta vi mette le zampe in testa. In questo caso, chi è il capobranco?
Se avete risposto: “Mia moglie!”, perché vi fa filare tutti, va tutto bene: siete un branco fornito di un leader… e i conflitti interpersonali, intercanini o personalcanini ve li risolverete tra voi, con calma.
Se avete risposto “BOH?”…allora, Houston, abbiamo un problema: perché i due cani, non essendoci una figura guida di riferimento valida per tutti, non saranno affatto soddisfatti dell’andamento del branco. Un branco senza un leader non funziona!
Quindi i casi sono due: o si sfideranno tra loro A e B, oppure A finirà per sfidare voi. Perché uno dei due dovrà andare a colmare una lacuna che per la mente canina è inaccettabile.
Se invece un “capobranco” c’è (chiunque esso sia), gli altri rapporti gerarchici potranno variare di volta in volta: perché nessuno “nasce dominante”, perché a qualcuno non frega un accidenti di dominare, perché a qualcun altro invece frega moltissimo di dominare su A, ma si sottomette volentieri a B…e così via.
Quella di “dominante” è una posizione:
a) che varia a seconda dei soggetti con cui ci si rapporta;
b) che può variare a seconda dei momenti e dei reciproci comportamenti.
Per esempio: noi possiamo essere stati “capi” accettabili per un cucciolo, che non ci ha mai messo in discussione… ma arrivato a sette-otto mesi, un bel giorno, lui decide di essere diventato più intelligente, più forte e più adatto di noi a gestire le situazioni.
Quindi ci sfida (a volte in modo palese, più spesso in modi che noi non riconosciamo neppure): e qui bisogna essere bravi sia a CAPIRE che siamo stati sfidati, sia a gestire la situazione in modo da rimettere il cane al suo posto.
La “dominanza” varia anche a seconda dei momenti: per esempio, tra i cani da slitta, il leader è quello che guida la muta (è attaccato davanti a tutti, quindi gli altri lo seguono e stop), ma deve rispondere ai comandi del musher (l’umano) e quindi essergli gerarchicamente inferiore. Il fatto è che il musher sta in fondo alla slitta, mentre il cane leader sta in testa: quindi vede per primo cose che l’umano non può ancora vedere.
Mettiamo che il musher gli abbia dato il comando “gira a destra”, e che il cane si accorga che sulla sua destra c’è un crepaccio: se obbedisse ciecamente al “capo” ci volerebbe dentro con tutta la muta, la slitta e lo stesso umano.
Un buon leader, invece, è quello che si ferma e non obbedisce all’ordine, ma salva la pelle a tutti.
Quindi la dominanza dell’umano su questo tipo di cani dev’essere molto aperta. Del tipo: “fai quello che dico io, a meno che tu non ti renda conto che ho detto una cazzata”.
Al contrario, per un cane da Obedience, la dominanza del conduttore in gara dev’essere assoluta: il cane non può sgarrare neanche di un millimetro.
Ovviamente però, nessuno può pretendere lo stesso atteggiamento “da soldatino robot” quando il cane NON si è in gara: quindi la dominanza varia a seconda delle situazioni. Il cane deve capire che ci sono i momenti in cui “quello che dice il capo è legge” ed altri momenti in cui può prendere anche qualche decisione in proprio.
Tutto questo si chiama “collaborazione”: c’è un leader, sì, ma si lascia anche il cane libero di gestire alcuni momenti “suoi”, di prendere alcune decisioni e così via. Dopotutto questo succede anche in natura, perché il dominante non è mica sempre lì a dare ordini ai suoi sottomessi. I ruoli emergono chiaramente solo in certi momenti, per esempio quando il branco deve compiere un’azione di gruppo.
Invece caricare il cane di troppe responsabilità, chiedendo sempre e solo a lui di prendere decisioni e risolvere situazioni, permettendogli di comandare, insomma, mantenendo però un ruolo di subordinato… finisce spesso per chiamarsi “stress” e/o confusione mentale.
La tragedia della cinofilia attuale è che viviamo contemporaneamente in mezzo a persone che pensano ancora che il cane “si debba dominare a calci nel culo”, e ad altre che invece lo iscriverebbero volentieri alla facoltà di filosofia. Una sana via di mezzo, forse, sarebbe più sensata: e per fortuna c’è chi la segue. Ma gli eccessi, da una parte e dall’altra, abbondano.
Tornando alla vera e propria “dominanza”, da quanto detto sopra si dovrebbe dedurre facilmente che quella umana non PUO’ essere costruita sulla paura e sulla violenza, ma sulla stima e sulla fiducia che cane e umano possono/devono anche interscambiare. E’ vero che comando io, ma in certe occasioni mi fido di quello che decidi tu (vedi cani da slitta).
Tutto questo, effettivamente, sembrerebbe allontanarsi parecchio dal concetto prettamente “canino” di dominanza-sottomissione, che si riducono a un “vediamo chi deve stare sopra e chi sotto”.
Ma il motivo è molto semplice: in un branco di cani esistono pochissime situazioni da gestire.
Vigilanza, tutela del branco e dei cuccioli, ricerca di territori di caccia, caccia vera e propria…e basta, in pratica è tutto qua.
La società umana è molto più complessa, un branco-famiglia can-umano è molto più complesso (anche solo per il fatto di essere composto da più specie diverse) e le situazioni da affrontare/gestire/risolvere sono veramente infinite: quindi è vero che non basta stabilire “chi sta sopra e chi sotto”…ma è anche vero che, se non si stabilisce chi sta sopra e chi sotto, NON SI VA DA NESSUNA PARTE.
Sì, per carità…si può giocare insieme, fare la pappa, farsi le coccole, dormire insieme ed essere felici… almeno fino al momento in cui non apparirà una causa di conflitto (che prima o poi arriva SEMPRE, si abbia un chihuahua o un rottweiler). In quel momento la domanda principale tornerà ad essere quella: chi dei due dirige l’orchestra?
E finché non si troverà una risposta, cane e umano non riusciranno a procedere in nessuna direzione comune.
E allora, come si diventa “direttori d’orchestra” del nostro cane? Sicuramente lo si diventa diventando, ai suoi occhi, “capi” affidabili: coerenti (fon-da-men-ta-le!), capaci di gestire correttamente le risorse e le situazioni. Sembra facile, no? In fondo noi siamo gli “esseri superiori”! Invece, a volte, anche se in buonissima fede e mettendoci tutta la nostra presunta intelligenza superiore, commettiamo errori clamorosi.
Un esempio classico: due cani che litigano. L’umano del più piccolo, pensando di proteggerlo, lo prende in braccio: l’altro cane salta su e gli dà un mozzicone nel sedere.
Quell’umano, dal punto di vista del cane, è stato uno sciagurato che ha gestito la situazione in modo pessimo: infatti gli ha impedito di difendersi e ha messo il suo rivale in condizione di vantaggio. Come superiore gerarchico, ha perso dieci punti.
Il problema, per noi, è sempre quello di riuscire a ragionare da umani, ma pensando anche un po’ da cani: e non è per niente facile.