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Relazione e gerarchia

Per comprendere meglio il cane gli studiosi hanno spesso studiato il suo antenato, cioè il lupo. I primi studi sui lupi sono stati fatti catturando diversi individui per rimetterli in libertà nella aree geografiche in cui questa specie rischiava l’estinzione, ad esempio nel parco di Yellowstone. In pratica si catturavano lupi di branchi diversi, li si metteva insieme in un grande recinto, si osservava cosa accadeva per diversi giorni per poi metterli finalmente in libertà. Il fatto di poter osservare le dinamiche sociali dei lupi da così vicino era una grande novità per quei tempi. Seguire le tracce dei lupi in ambienti ostili richiedeva non poche difficoltà e pericoli, riuscire poi a restare appostati ore ed ore, senza farsi vedere o sentire, era ancor più complesso. Per questo gli studiosi si concentrarono inizialmnte sull’osservazione dei lupi catturati, era un’opportunità imperdibile. Gli scienziati che osservavano i comportamenti dei lupi in queste condizioni arrivarono alla conclusione che i lupi creano all’interno del loro gruppo una gerarchia dove ci sono individui dominanti e individui subordinati. Osservando ciò che accadeva nei recinti arrivarono alla conclusione che i lupi stabiliscono la gerarchia attraverso una seria di lotte, in cui i dominanti cercano di dimostrare la loro forza e di imporre la sottomissione agli altri. Alla fine di queste continue lotte strenuanti, la gerarchia si stabilisce. Questi studi però si sono dimostrati errati. Oggi infatti, grazie agli strumenti che abbiamo, possiamo andare a studiare i branchi di lupi in libertà e osservare le loro dinamiche. Questo aspetto è assai importante: prendere dei lupi che non si conoscono, metterli in un grande recinto e osservare cosa accade non è indicativo del reale comportamento sociale di questi animali.
Cosa accadrebbe se cercassimo di capire l’essere umano andando a studiarlo in situazioni come le prigioni o i campi di concentramento…. le conclusioni cui arriveremmo sulle nostre dinamiche psicologiche e sociali probabilmente non sarebbero corrette e porterebbero ad un’idea del tutto fuorviane della nostra specie. I lupi in cattività erano in una situazione innaturale che li portava a dover lottare continuamente per stabilire la gerarchia.
Ma i branchi di lupi in libertà sono ben diversi: essi sono costituiti in realtà da famiglie.
- Fenix Bright Northern Star's & SimoneG&GDeBeauvoire -
Ci sono i genitori, che hanno le responsabilità del branco, ed i figli in diverse fasce di età. Generalmente i figli non superano i tre anni: dopo questa età molti individui si allontanano dal branco per cercare un compagno e costituire un nuova famiglia. Come in tutte le famiglie esistono delle regole, ad esempio gli adulti mangiano per primi e decidono gli spostamenti del gruppo. Ma non si assiste a vere e proprie lotte o guerre di potere: la leadership non viene data al più forte o al più cattivo, bensì agli individui adulti responsabili, equilibrati, intelligenti. Può accadere che la leadership passi ad un altro individuo, soprattutto perché i genitori sono diventati troppo anziani per farsi carico di tutte le responsabilità. Ma in questo caso si assiste ad una serie di rituali in cui gli individui cercano di dimostrare le loro doti, fisice e comportamentali, senza arrivare mai a delle vere e proprie lotte o ferimenti. I leader del branco non sono gli individui che si impongono con la forza: sono coloro che hanno le qualità psicologiche per prendersi la responsabilità di guidare il gruppo. Sono rispettati perché capaci, coerenti, affidabili. In Italia è stato fatto uno studio importante sui branchi di cani in libertà: anche da questo studio è emerso che i cani, come i lupi, si organizzano in gruppi e che all’interno di questi gruppi i leader vengono scelti per le loro doti psico-fisiche e che non si assite mai, in nessuna situazione, a lotte che portino al ferimento di un compagno. L’unica aggressività osservata è quella nei confronti di individui estranei al branco che entrano nel territorio: in questo caso possiamo assitere ad una vera e propria lotta per la difesa del territorio e del branco stesso.

E’ importante comprendere che la gerarchia è uno strumento utile per convivere pacificamente in un gruppo e che questa non si stabilisce attraverso la forza.

La stessa regola vale quando noi ci relazionamo con i nostri cani: dovremo imparare come diventare dei buoni leader, dei bravi genitori, dei punti di riferimento per i nostri cani. Essere un leader non vuol dire imporsi sul cane: otterremo sono un cane che ci teme…ma non un cane che ci rispetta e che ci vede come punti di riferimento.
La relazione con un cane può essere una cosa meravigliosa, a condizione che si basi sul rispetto e la reale conoscenza reciproca.
Se desideriamo diventare un punto di riferimento per il nostro cane ed avere una relazione sana con lui dobbiamo prima di tutto cercare di comprendere il suo mondo. Il cane deve capire che di noi si può fidare, che noi siamo in grado di capire quello che ci comunica, che conosciamo le sue esigenze e che siamo dei leader coerenti e capaci. Al di là delle regole gerarchiche classiche (far mangiare il cane dopo di noi, farlo passare dopo da porte e cancelli, non farlo dormire in posizioni di controllo, etc) è sulla relazione con lui che dobbiamo lavorare e metterci il massimo dell’impegno. Come dice Roberto Marchesini nel suo libro “Pedagogia Cinofila” devono essere rispettati alcuni punti fondamentali:

§   il cane deve aver fiducia nel proprietario: questo si ottiene evitando i comportamenti punitivi e l’incoerenza che spesso viene mostrata dal proprietario. Un proprietario che utilizza le punizioni, l’imposizione o la coercizione non può essere una figura di cui il cane si fida. Un proprietario incoerente, che a volte concede una cosa ed altre la vieta, che lo punisce per cose fatte tempo prima, non può essere un punto di riferimento.
§   il cane deve accreditare il proprietario: questo non è solamente collegato al concetto di leadership, ma a un più ampio concetto di rappresentare per il cane una guida e una base sicura. Per far questo il proprietario deve sapere quando è il momento di intervenire per aiutare il suo cane quando si trova in difficoltà. Ad esempio in un parco si assiste spesso a cani che mostrano un certo disagio nell’interagire con i loro simili, magari solamente perché il compagno di giochi è troppo insistente o irruente. Il questi momenti il proprietario deve avere la sensibilità di venire incontro al suo cane e magari portarlo fuori dal recinto per una camminata tranquilla. Spesso invece nelle aree cani i proprietari parlano tra loro e non osservano i loro cani. Questo ovviamente è solo un esempio, sono diverse le situazioni in cui il proprietario deve dimostrarsi una guida ed una base sicura per il suo cane.
§   il cane deve trovare piacevole orientarsi verso il proprietario: intendiamo la tendenza del cane di guardare il proprietario, di andare verso di lui, di posizionarsi vicino a lui e di camminargli vicino. Questo non si riferisce ad un esercizio, ma a tutti i momenti di vita insieme. Si ottiene premiando la naturale tendenza del cane di guardarci e rivolgersi a noi, oppure creando i presupposti perché questo accada facendo tutta una serie di esercizi e giochi con il cane Ad esempio possiamo abituare i nostri cani a guaradarci prima di dargli la pappa, prima di togliere il guinzaglio al parco, prima di uscire dalla porta di casa, etc…Non importa che il cane si sieda, la cosa importante è che il cane si abitui a cercare il nostro sguardo per sapere cosa fare. Il cane capirà quindi che guardandoci avrà la risposta che cerca, che noi siamo il suo punto di riferimento. Sono diversi i metodi e gli esercizi perché questo accada.
§   il cane deve considerare il proprietario come un propositore di attività: il proprietario deve essere un propositore di attività e giochi, deve proporre attività piacevoli e gratificanti; cane e proprietario fanno cose insieme, sono affiancati per fare un’attività che li vede reciprocamente coinvolti. Troppo spesso al cane viene dedicato poco tempo e di poca qualità: solamente passeggiate al guinzaglio o libero al parco con altri cani, ma poco gioco e poche attività insieme al proprietario. Le cose da fare insieme ai nostri cani invece possono essere moltissime! Possiamo ad esempio giocare con lui al parco, fare dei giochi di fiuto nel giardino, proporgli giochi di attivazione mentale quando siamo a casa, etc. Se la quantità e la qualità dell’interazione migliorano il cane guarderà il suo proprietario con interesse perché non solo propone attività piacevoli, ma anche perché lo reputa un interlocutore e una controparte interessanete e piacevole con cui interagire.
§   il cane ed il proprietario devono essere collaborativi: la collaborazione si struttura attraverso giochi specifici e attività di relazione della coppia.
§   il cane deve capire cosa il proprietario vuole da lui, perché questo avvenga il proprietario deve prima di tutto saper comunicare correttamente con il suo cane, cosa che non sempre accade e crea così molti fraintendimenti e conflitti

In conclusione, essere un buon leader, essere un buon proprietario significa impegnarsi nella quotidianità, giorno dopo giorno, per creare una relazione solida e appagante per entrambi.

di: Eleonora Mentaschi

Master in Medicina Comportamentale degli Animali d’Affezione
Direttore Scuola Cinofila Viridea

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